1 – Le Micropolitiche delle Relazioni
Dopo il riconoscimento legale della convivenza fra persone dello stesso sesso nel 2001, nel 2010 il Portogallo è diventato l’ottava nazione al mondo e la sesta in Europa a permettere il matrimonio omosessuale (Santos, 2013). La Spagna dal 2005 ha una legge inclusiva sul matrimonio che ascrive piena uguaglianza alle persone sposate indipendentemente dall’orientamento sessuale (Pichardo, 2011). In Italia il matrimonio è ancora strettamente eteronormativo e le convivenze tra persone dello stesso sesso non sono riconosciute legalmente (Bertone et al., 2003; Saraceno, 2003; Trappolin, 2008). Nessuno di questi Paesi contempla nuove forme di coniugalità come il “vivere insieme separati” (LAT - living apart together) e le relazioni poliamorose. Nell’Europa del sud le relazioni hanno quindi acquisito condizioni, opportunità e impossibilità diverse.
2 – Le Micropolitiche della Genitorialità
Due principali discorsi sono spesso usati nei Paesi dell’Europa del sud nei dibattiti concernenti la genitorialità omosessuale – “la famiglia” e “i figli” – entrambi tendenti a ignorare la nozione di famiglia rivendicata dal movimento LGBT (Santos, 2012). In breve, questi discorsi si radicano in una rappresentazione eteronormativa della famiglia, basata su presupposti relativi alla complementarità biologica tra uomini e donne, ai quali si richiede di stare in coppia, di essere monogami e di fare figli insieme (Roseneil et al., 2013). Questi valori culturali profondamente radicati vengono espressi discorsivamente dagli attori sociali chiave (clero, rappresentanti del mondo politico, dell’educazione, dei media, ecc.) i quali, facendo ciò, contribuiscono a rafforzare tali valori come idee dominanti. Rispetto alle questioni della genitorialità, i tre Paesi qui considerati presentano differenti quadri normativi, dalle leggi proibitive di Italia e Portogallo da un lato, all’adozione possibile per persone dello stesso sesso e i recenti cambiamenti sulla procreazione assistita in Spagna dall’altro (Roseneil et al., 2012).
3 – Le Micropolitiche dell’Amicizia
Uno dei dibattiti più accesi della sociologia contemporanea sulle vite personali è quello tra chi sostiene la teoria dell’individualizzazione (Bauman, 2003; Beck e Beck-Gernsheim, 2002) e coloro che vi oppongono la teoria della relazionalità (Roseneil e Budgeon, 2004). Questi/e ultimi/e tuttavia concordano con le teorie dell’individualizzazione su un punto cruciale: stiamo vivendo un cambiamento senza precedenti nella sfera dell’intimità, ove la ‘scelta’ sembra importante. In questo dibattito il ruolo dell’amicizia acquisisce un posto centrale. Il tipo di relazioni scelte – ‘confluenti’, le chiamerebbe Giddens – che amici e amiche ‘moderni/e’ hanno e ciò che questo ci dice sulle questioni di cittadinanza, cura e scelta è talmente diverso dai modelli precedenti che autori come Weeks et al. (2001) sostengono che l’‘etica dell’amicizia’ sia il principio guida ideale alla base di molte relazioni sessuali dei nostri giorni. Nei loro studi sull’amicizia Roseneil e Budgeon hanno concluso che “il fare affidamento sugli amici e sulle amiche era talmente frequente […], particolarmente per la cura e il supporto nella vita quotidiana, che si potrebbe sostenere che l’amicizia funzionava come una pratica etica per molte persone” (2004: 146).
La centralità dell’amicizia è ancora più evidente se si considerano le vite personali di persone lesbiche, gay, bisessuali e trans (Nardi, 1992). Considerare amici e amiche come famiglia contribuisce ulteriormente alla destabilizzazione del binarismo eterosessuale/omosessuale (Roseneil, 2002; 2004), in quanto mette in discussione le aspettative eteronormative su chi fa parte dello spazio domestico più intimo e chi no.
Bibliografia: